Orlando Furioso
by
Ludovico Ariosto

Part 14 out of 25



altri non prezza, altri non par che vaglia.
Vengono i servi intanto ad invitarla
coi compagni a goder la vettovaglia,
ch'apparecchiata avean sopra una fonte
che difendea dal raggio estivo un monte.

30
Era una de le fonti di Merlino,
de le quattro di Francia da lui fatte,
d'intorno cinta di bel marmo fino,
lucido e terso, e bianco più che latte.
Quivi d'intaglio con lavor divino
avea Merlino imagini ritratte:
direste che spiravano, e, se prive
non fossero di voce, ch'eran vive.

31
Quivi una bestia uscir de la foresta
parea, di crudel vista, odiosa e brutta,
ch'avea l'orecchie d'asino, e la testa
di lupo e i denti, e per gran fame asciutta;
branche avea di leon; l'altro che resta,
tutto era volpe: e parea scorrer tutta
e Francia e Italia e Spagna ed Inghelterra,
l'Europa e l'Asia, e al fin tutta la terra.

32
Per tutto avea genti ferite e morte,
la bassa plebe e i più superbi capi:
anzi nuocer parea molto più forte
a re, a signori, a principi, a satrapi.
Peggio facea ne la romana corte,
che v'avea uccisi cardinali e papi:
contaminato avea la bella sede
di Pietro e messo scandol ne la fede.

33
Par che dinanzi a questa bestia orrenda
cada ogni muro, ogni ripar che tocca.
Non si vede città che si difenda:
se l'apre incontra ogni castello e rocca.
Par che agli onor divini anco s'estenda,
e sia adorata da la gente sciocca,
e che le chiavi s'arroghi d'avere
del cielo e de l'abisso in suo potere.

34
Poi si vedea d'imperiale alloro
cinto le chiome un cavallier venire
con tre giovini a par, che i gigli d'oro
tessuti avean nel lor real vestire;
e, con insegna simile, con loro
parea un leon contra quel mostro uscire:
avean lor nomi chi sopra la testa,
e chi nel lembo scritto de la vesta.

35
L'un ch'avea fin a l'elsa ne la pancia
la spada immersa alla maligna fera,
Francesco primo, avea scritto, di Francia;
Massimigliano d'Austria a par seco era;
e Carlo quinto imperator, di lancia
avea passato il mostro alla gorgiera;
e l'altro, che di stral gli fige il petto,
l'ottavo Enrigo d'Inghilterra è detto.

36
Decimo ha quel Leon scritto sul dosso,
ch'al brutto mostro i denti ha ne l'orecchi;
e tanto l'ha già travagliato e scosso,
che vi sono arrivati altri parecchi.
Parea del mondo ogni timor rimosso;
ed in emenda degli errori vecchi
nobil gente accorrea, non però molta,
onde alla belva era la vita tolta.

37
I cavallieri stavano e Marfisa
con desiderio di conoscer questi
per le cui mani era la bestia uccisa,
che fatti avea tanti luoghi atri e mesti.
Avenga che la pietra fosse incisa
dei nomi lor, non eran manifesti.
Si pregavan tra lor, che se sapesse
l'istoria alcuno, agli altri la dicesse.

38
Voltò Viviano a Malagigi gli occhi,
che stava a udire, e non facea lor motto:
- A te (disse) narrar l'istoria tocchi,
ch'esser ne déi, per quel ch'io vegga, dotto.
Chi son costor che con saette e stocchi
e lance a morte han l'animal condotto? -
Rispose Malagigi: - Non è istoria
di ch'abbia autor fin qui fatto memoria.

39
Sappiate che costor che qui scritto hanno
nel marmo i nomi, al mondo mai non furo;
ma fra settecento anni vi saranno,
con grande onor del secolo futuro.
Merlino, il savio incantator britanno,
fe' far la fonte al tempo del re Arturo;
e di cose ch'al mondo hanno a venire,
la fe' da buoni artefici scolpire.

40
Questa bestia crudele uscì del fondo
de lo 'nferno a quel tempo che fur fatti
alle campagne i termini, e fu il pondo
trovato e la misura, e scritti i patti.
Ma non andò a principio in tutto 'l mondo:
di sé lasciò molti paesi intatti.
Al tempo nostro in molti lochi sturba;
ma i populari offende e la vil turba.

41
Dal suo principio infin al secol nostro
sempre è cresciuto, e sempre andrà crescendo:
sempre crescendo, al lungo andar fia il mostro
il maggior che mai fosse e lo più orrendo.
Quel Fiton che per carte e per inchiostro
s'ode che fu sì orribile e stupendo,
alla metà di questo non fu tutto,
né tanto abominevol né sì brutto.

42
Farà strage crudel, né sarà loco
che non guasti, contamini ed infetti:
e quanto mostra la scultura, è poco
de' suoi nefandi e abominosi effetti.
Al mondo, di gridar mercé già roco,
questi, dei quali i nomi abbiamo letti,
che chiari splenderan più che piropo,
verranno a dare aiuto al maggior uopo.

43
Alla fera crudele il più molesto
non sarà di Francesco il re de' Franchi:
e ben convien che molti ecceda in questo,
e nessun prima e pochi n'abbia a' fianchi;
quando in splendor real, quando nel resto
di virtù farà molti parer manchi,
che già parver compiuti; come cede
tosto ogn'altro splendor, che 'l sol si vede.

44
L'anno primier del fortunato regno,
non ferma ancor ben la corona in fronte,
passerà l'Alpe, e romperà il disegno
di chi all'incontro avrà occupato il monte,
da giusto spinto e generoso sdegno,
che vendicate ancor non sieno l'onte
che dal furor da paschi e mandre uscito
l'esercito di Francia avrà patito.

45
E quindi scenderà nel ricco piano
di Lombardia, col fior di Francia intorno,
e sì l'Elvezio spezzerà, ch'invano
farà mai più pensier d'alzare il corno.
Con grande e de la Chiesa e de l'ispano
campo e del fiorentin vergogna e scorno
espugnerà il castel che prima stato
sarà non espugnabile stimato.

46
Sopra ogn'altr'arme, ad espugnarlo, molto
più gli varrà quella onorata spada
con la qual prima avrà di vita tolto
il mostro corruttor d'ogni contrada.
Convien ch'inanzi a quella sia rivolto
in fuga ogni stendardo, o a terra vada;
né fossa, né ripar, né grosse mura
possan da lei tener città sicura.

47
Questo principe avrà quanta eccellenza
aver felice imperator mai debbia:
l'animo del gran Cesar, la prudenza
di chi mostrolla a Transimeno e a Trebbia,
con la fortuna d'Alessandro, senza
cui saria fumo ogni disegno, e nebbia.
Sarà sì liberal, ch'io lo contemplo
qui non aver né paragon né esemplo. -

48
Così diceva Malagigi, e messe
desire a' cavallier d'aver contezza
del nome d'alcun altro ch'uccidesse
l'infernal bestia, uccider gli altri avezza.
Quivi un Bernardo tra' primi si lesse,
che Merlin molto nel suo scritto apprezza.
- Fia nota per costui (dicea) Bibiena,
quanto Fiorenza sua vicina e Siena. -

49
Non mette piede inanzi ivi persona
a Sismondo, a Giovanni, a Ludovico:
un Gonzaga, un Salviati, un d'Aragona,
ciascuno al brutto mostro aspro nimico.
V'è Francesco Gonzaga, né abandona
le sue vestigie il figlio Federico;
ed ha il cognato e il genero vicino,
quel di Ferrara, e quel duca d'Urbino.

50
De l'un di questi il figlio Guidobaldo
non vuol che 'l padre o ch'altri a dietro il metta.
Con Otobon dal Flisco, Sinibaldo
caccia la fera, e van di pari in fretta.
Luigi da Gazolo il ferro caldo
fatto nel collo le ha d'una saetta,
che con l'arco gli diè Febo, quando anco
Marte la spada sua gli messe al fianco.

51
Duo Erculi, duo Ippoliti da Este,
un altro Ercule, un altro Ippolito anco,
da Gonzaga, de' Medici, le peste
seguon del mostro, e l'han, cacciando, stanco.
Né Giuliano al figliuol, né par che reste
Ferrante al fratel dietro; né che manco
Andrea Doria sia pronto; né che lassi
Francesco Sforza, ch'ivi uomo lo passi.

52
Del generoso, illustre e chiaro sangue
d'Avalo vi son dui ch'han per insegna
lo scoglio, che dal capo ai piedi d'angue
par che l'empio Tifeo sotto si tegna.
Non è di questi duo, per fare esangue
l'orribil mostro, che più inanzi vegna:
l'uno Francesco di Pescara invitto,
l'altro Alfonso del Vasto ai piedi ha scritto.

53
Ma Consalvo Ferrante ove ho lasciato,
l'ispano onor, ch'in tanto pregio v'era,
che fu da Malagigi sì lodato,
che pochi il pareggiar di quella schiera?
Guglielmo si vedea di Monferrato
fra quei che morto avean la brutta fera;
ed eran pochi verso gl'infiniti
ch'ella v'avea chi morti e chi feriti.

54
In giuochi onesti e parlamenti lieti,
dopo mangiar, spesero il caldo giorno,
corcati su finissimi tapeti
tra gli arbuscelli ond'era il rivo adorno.
Malagigi e Vivian, perché quieti
più fosser gli altri, tenean l'arme intorno;
quando una donna senza compagnia
vider, che verso lor ratto venìa.

55
Questa era quella Ippalca a cui fu tolto
Frontino, il bon destrier, da Rodomonte.
L'avea il dì inanzi ella seguito molto,
pregandolo ora, ora dicendogli onte;
ma non giovando, avea il camin rivolto
per ritrovar Ruggiero in Agrismonte.
Tra via le fu (non so già come) detto
che quivi il troveria con Ricciardetto.

56
E perché il luogo ben sapea (che v'era
stata altre volte), se ne venne al dritto
alla fontana; ed in quella maniera
ve lo trovò, ch'io v'ho di sopra scritto.
Ma come buona e cauta messaggera
che sa meglio esequir che non l'è ditto,
quando vide il fratel di Bradamante,
non conoscer Ruggier fece sembiante.

57
A Ricciardetto tutta rivoltosse,
sì come drittamente a lui venisse;
e quel che la conobbe, se le mosse
incontra, e domandò dove ne gisse.
Ella ch'ancora avea le luci rosse
del pianger lungo, sospirando disse;
ma disse forte, acciò che fosse espresso
a Ruggiero il suo dir, che gli era presso.

58
- Mi traea dietro (disse) per la briglia,
come imposto m'avea la tua sorella,
un bel cavallo e buono a maraviglia,
ch'ella molto ama e che Frontino appella;
e l'avea tratto più di trenta miglia
verso Marsilia, ove venir debbe ella
fra pochi giorni, e dove ella mi disse
ch'io l'aspettassi fin che vi venisse.

59
Era sì baldanzoso il creder mio,
ch'io non stimava alcun di cor sì saldo,
che me l'avesse a tor, dicendogli io
ch'era de la sorella di Rinaldo.
Ma vano il mio disegno ieri m'uscìo,
che me lo tolse un Saracin ribaldo;
né per udir di chi Frontino fusse,
a volermelo rendere s'indusse.

60
Tutto ieri ed oggi l'ho pregato; e quando
ho visto uscir prieghi e minacce invano,
maledicendol molto e bestemmiando,
l'ho lasciato di qui poco lontano,
dove il cavallo e sé molto affannando,
s'aiuta, quanto può, con l'arme in mano
contra un guerrier ch'in tal travaglio il mette,
che spero ch'abbia a far le mie vendette. -

61
Ruggiero a quel parlar salito in piede,
ch'avea potuto a pena il tutto udire,
si volta a Ricciardetto, e per mercede
e premio e guidardon del ben servire
(prieghi aggiungendo senza fin) gli chiede
che con la donna solo il lasci gire
tanto che 'l Saracin gli sia mostrato,
ch'a lei di mano ha il buon destrier levato.

62
A Ricciardetto, ancor che discortese
il concedere altrui troppo paresse
di terminar le a sé debite imprese,
al voler di Ruggier pur si rimesse:
e quel licenza dai compagni prese,
e con Ippalca a ritornar si messe,
lasciando a quei che rimanean, stupore,
con maraviglia pur del suo valore.

63
Poi che dagli altri allontanato alquanto
Ippalca l'ebbe, gli narrò ch'ad esso
era mandata da colei che tanto
avea nel core il suo valore impresso;
e senza finger più, seguitò quanto
la sua donna al partir le avea commesso,
e che se dianzi avea altrimente detto,
per la presenza fu di Ricciardetto.

64
Disse, che chi le avea tolto il destriero,
ancor detto l'avea con molto orgoglio:
- Perché so che 'l cavallo è di Ruggiero,
più volontier per questo te lo toglio.
S'egli di racquistarlo avrà pensiero,
fagli saper (ch'asconder non gli voglio)
ch'io son quel Rodomonte il cui valore
mostra per tutto 'l mondo il suo splendore. -

65
Ascoltando, Ruggier mostra nel volto,
di quanto sdegno acceso il cor gli sia,
sì perché caro avria Frontino molto,
sì perché venìa il dono onde venìa
sì perché in suo dispregio gli par tolto;
vede che biasmo e disonor gli fia,
se torlo a Rodomonte non s'affretta,
e sopra lui non fa degna vendetta.

66
La donna Ruggier guida, e non soggiorna,
che por lo brama col Pagano a fronte;
e giunge ove la strada fa dua corna:
l'un va giù al piano, e l'altro va su al monte;
e questo e quel ne la vallea ritorna,
dov'ella avea lasciato Rodomonte.
Aspra, ma breve era la via del colle;
l'altra più lunga assai, ma piana e molle.

67
Il desiderio che conduce Ippalca
d'aver Frontino e vendicar l'oltraggio,
fa che 'l sentier de la montagna calca,
onde molto più corto era il viaggio.
Per l'altra intanto il re d'Algier cavalca
col Tartaro e cogli altri che detto aggio;
e giù nel pian la via più facil tiene,
né con Ruggier ad incontrar si viene.

68
Già son le lor querele differite
fin che soccorso ad Agramante sia
(questo sapete); ed han d'ogni lor lite
la cagion, Doralice, in compagnia.
Ora il successo de l'istoria udite.
Alla fontana è la lor dritta via,
ove Aldigier, Marfisa, Ricciardetto,
Malagigi e Vivian stanno a diletto.

69
Marfisa a' prieghi de' compagni avea
veste da donna ed ornamenti presi,
di quelli ch'a Lanfusa si credea
mandare il traditor de' Maganzesi;
e ben che veder raro si solea
senza l'osbergo e gli altri buoni arnesi,
pur quel dì se li trasse; e come donna,
a' prieghi lor lasciò vedersi in gonna.

70
Tosto che vede il Tartaro Marfisa,
per la credenza c'ha di guadagnarla,
in ricompensa e in cambio ugual s'avisa
di Doralice, a Rodomonte darla;
sì come Amor si regga a questa guisa,
che vender la sua donna o permutarla
possa l'amante, né a ragion s'attrista,
se quando una ne perde, una n'acquista.

71
Per dunque provedergli di donzella,
acciò per sé quest'altra si ritegna,
Marfisa, che gli par leggiadra e bella,
e d'ogni cavallier femina degna,
come abbia ad aver questa, come quella,
subito cara, a lui donar disegna;
e tutti i cavallier che con lei vede,
a giostra seco ed a battaglia chiede.

72
Malagigi e Vivian, che l'arme aveano
come per guardia e sicurtà del resto,
si mossero dal luogo ove sedeano,
l'un come l'altro alla battaglia presto,
perché giostrar con amenduo credeano;
ma l'African che non venìa per questo,
non ne fe' segno o movimento alcuno:
sì che la giostra restò lor contra uno.

73
Viviano è il primo, e con gran cor si muove,
e nel venire abbassa un'asta grossa:
e 'l re pagan da le famose pruove
da l'altra parte vien con maggior possa.
Dirizza l'uno e l'altro, e segna dove
crede meglio fermar l'aspra percossa.
Viviano indarno a l'elmo il pagan fere;
che non lo fa piegar, non che cadere.

74
Il re pagan, ch'avea più l'asta dura,
fe' lo scudo a Vivian parer di ghiaccio;
e fuor di sella in mezzo alla verdura,
all'erbe e ai fiori il fe' cadere in braccio.
Vien Malagigi, e ponsi in aventura
di vendicare il suo fratello avaccio;
ma poi d'andargli appresso ebbe tal fretta,
che gli fe' compagnia più che vendetta.

75
L'altro fratel fu prima del cugino
coll'arme indosso, e sul destrier salito;
e disfidato contra il Saracino
venne a scontrarlo a tutta briglia ardito.
Risonò il colpo in mezzo a l'elmo fino
di quel pagan sotto la vista un dito:
volò al ciel l'asta in quattro tronchi rotta;
ma non mosse il pagan per quella botta.

76
Il pagan ferì lui dal lato manco;
e perché il colpo fu con troppa forza,
poco lo scudo, e la corazza manco
gli valse, che s'aprir come una scorza.
Passò il ferro crudel l'omero bianco:
piegò Aldigier ferito a poggia e ad orza;
tra fiori ed erbe al fin si vide avolto,
rosso su l'arme, e pallido nel volto.

77
Con molto ardir vien Ricciardetto appresso;
e nel venire arresta sì gran lancia,
che mostra ben, come ha mostrato spesso,
che degnamente è paladin di Francia:
ed al pagan ne facea segno espresso,
se fosse stato pari alla bilancia;
ma sozzopra n'andò, perché il cavallo
gli cadde adosso, e non già per suo fallo.

78
Poi ch'altro cavallier non si dimostra,
ch'al pagan per giostrar volti la fronte,
pensa aver guadagnato de la giostra
la donna, e venne a lei presso alla fonte;
e disse: - Damigella, sète nostra,
s'altri non è per voi ch'in sella monte.
Nol potete negar, né farne iscusa;
che di ragion di guerra così s'usa. -

79
Marfisa, alzando con un viso altiero
la faccia, disse: - Il tuo parer molto erra.
Io ti concedo che diresti il vero,
ch'io sarei tua per la ragion di guerra,
quando mio signor fosse o cavalliero
alcun di questi ch'hai gittato in terra.
Io sua non son, né d'altri son che mia:
dunque me tolga a me chi mi desia.

80
So scudo e lancia adoperare anch'io,
e più d'un cavalliero in terra ho posto. -
- Datemi l'arme, disse, e il destrier mio, -
agli scudier che l'ubbidiron tosto.
Trasse la gonna, ed in farsetto uscìo;
e le belle fattezze e il ben disposto
corpo mostrò, ch'in ciascuna sua parte,
fuor che nel viso, assimigliava a Marte.

81
Poi che fu armata, la spada si cinse
e sul destrier montò d'un leggier salto;
e qua e là tre volte e più lo spinse,
e quinci e quindi fe' girare in alto;
e poi, sfidando il Saracino, strinse
la grossa lancia e cominciò l'assalto.
Tal nel campo troian Pentesilea
contra il tessalo Achille esser dovea.

82
Le lance infin al calce si fiaccaro
a quel superbo scontro, come vetro;
né pero chi le corsero, piegaro,
che si notasse, un dito solo a dietro.
Marfisa che volea conoscer chiaro
s'a più stretta battaglia simil metro
le serverebbe contra il fier pagano,
se gli rivolse con la spada in mano.

83
Bestemmiò il cielo e gli elementi il crudo
pagan, poi che restar la vide in sella:
ella, che gli pensò romper lo scudo,
non men sdegnosa contra il ciel favella.
Già l'uno e l'altro ha in mano il ferro nudo
e su le fatal arme si martella:
l'arme fatali han parimente intorno,
che mai non bisognar più di quel giorno.

84
Sì buona è quella piastra e quella maglia,
che spada o lancia non le taglia o fora;
sì che potea seguir l'aspra battaglia
tutto quel giorno e l'altro appresso ancora.
Ma Rodomonte in mezzo lor si scaglia,
e riprende il rival de la dimora,
dicendo: - Se battaglia pur far vuoi,
finiàn la cominciata oggi fra noi.

85
Facemmo, come sai, triegua con patto
di dar soccorso alla milizia nostra.
Non debbiàn, prima che sia questo fatto,
incominciare altra battaglia o giostra. -
Indi a Marfisa, riverente in atto
si volta, e quel messaggio le dimostra;
e le racconta come era venuto
a chieder lor per Agramante aiuto.

86
La priega poi che le piaccia non solo
lasciar quella battaglia o differire,
ma che voglia in aiuto del figliuolo
del re Troian con essi lor venire;
onde la fama sua con maggior volo
potrà far meglio infin al ciel salire,
che, per querela di poco momento,
dando a tanto disegno impedimento.

87
Marfisa, che fu sempre disiosa
di provar quei di Carlo a spada e a lancia,
né l'avea indotta a venire altra cosa
di sì lontana regione in Francia,
se non per esser certa se famosa
lor nominanza era per vero o ciancia,
tosto d'andar con lor partito prese,
che d'Agramante il gran bisogno intese.

88
Ruggiero in questo mezzo avea seguito
indarno Ippalca per la via del monte;
e trovò, giunto al loco, che partito
per altra via se n'era Rodomonte:
e pensando che lungi non era ito,
e che 'l sentier tenea dritto alla fonte,
trottando in fretta dietro gli venìa
per l'orme ch'eran fresche in su la via.

89
Volse che Ippalca a Montalban pigliasse
la via, ch'una giornata era vicino;
perché s'alla fontana ritornasse,
si torria troppo dal dritto camino.
E disse a lei, che già non dubitasse
che non s'avesse a ricovrar Frontino:
ben le farebbe a Montalbano, o dove
ella si trovi, udir tosto le nuove.

90
E le diede la lettera che scrisse
in Agrismonte, e che si portò in seno;
e molte cose a bocca anco le disse,
e la pregò che l'escusasse a pieno.
Ne la memoria Ippalca il tutto fisse,
prese licenza e voltò il palafreno;
e non cessò la buona messaggera,
ch'in Montalban si ritrovò la sera.

91
Seguia Ruggiero in fretta il Saracino
per l'orme ch'apparian ne la via piana,
ma non lo giunse prima che vicino
con Mandricardo il vide alla fontana.
Già promesso s'avean che per camino
l'un non farebbe all'altro cosa strana,
né fin ch'al campo si fosse soccorso,
a cui Carlo era appresso a porre il morso.

92
Quivi giunto Ruggier, Frontin conobbe,
e conobbe per lui chi adosso gli era;
e su la lancia fe' le spalle gobbe,
e sfidò l'African con voce altiera.
Rodomonte quel dì fe' più che Iobbe,
poi che domò la sua superbia fiera;
e ricusò la pugna ch'avea usanza
di sempre egli cercar con ogni istanza.

93
Il primo giorno e l'ultimo, che pugna
mai ricusasse il re d'Algier, fu questo;
ma tanto il desiderio che si giugna,
in soccorso al suo re gli pare onesto,
che se credesse aver Ruggier ne l'ugna
più che mai lepre il pardo isnello e presto,
non se vorria fermar tanto con lui,
che fêsse un colpo de la spada o dui.

94
Aggiungi che sapea ch'era Ruggiero
che seco per Frontin facea battaglia,
tanto famoso, ch'altro cavalliero
non è ch'a par di lui di gloria saglia,
l'uom che bramato ha di saper per vero
esperimento quanto in arme vaglia;
e pur non vuol seco accettar l'impresa:
tanto l'assedio del suo re gli pesa.

95
Trecento miglia sarebbe ito e mille,
se ciò non fosse, a comperar tal lite;
ma se l'avesse oggi sfidato Achille,
più fatto non avria di quel ch'udite:
tanto a quel punto sotto le faville
le fiamme avea del suo furor sopite.
Narra a Ruggier perché pugna rifiuti;
ed anco il priega che l'impresa aiuti:

96
che facendol, farà quel che far deve
al suo signore un cavallier fedele.
Sempre che questo assedio poi si leve,
avran ben tempo da finir querele.
Ruggier rispose a lui: - Mi sarà lieve
differir questa pugna, fin che de le
forze di Carlo si traggia Agramante,
pur che mi rendi il mio Frontino inante.

97
Se di provarti c'hai fatto gran fallo,
e fatto hai cosa indegna ad un uom forte,
d'aver tolto a una donna il mio cavallo,
vuoi ch'io prolunghi fin che siamo in corte,
lascia Frontino, e nel mio arbitrio dàllo.
Non pensare altrimente ch'io sopporte
che la battaglia qui tra noi non segua,
o ch'io ti faccia sol d'un'ora triegua. -

98
Mentre Ruggiero all'African domanda
o Frontino o battaglia allora allora,
e quello in lungo e l'uno e l'altro manda,
né vuol dare il destrier, né far dimora;
Mandricardo ne vien da un'altra banda,
e mette in campo un'altra lite ancora,
poi che vede Ruggier che per insegna
porta l'augel che sopra gli altri regna.

99
Nel campo azzur l'aquila bianca avea,
che de' Troiani fu l'insegna bella:
perché Ruggier l'origine traea
dal fortissimo Ettòr, portava quella.
Ma questo Mandricardo non sapea;
né vuol patire, e grande ingiuria appella,
che ne lo scudo un altro debba porre
l'aquila bianca del famoso Ettorre.

100
Portava Mandricardo similmente
l'augel che rapì in Ida Ganimede.
Come l'ebbe quel dì che fu vincente
al castel periglioso, per mercede,
credo vi sia con l'altre istorie a mente,
e come quella fata gli lo diede
con tutte le bell'arme che Vulcano
avea già date al cavallier troiano.

101
Altra volta a battaglia erano stati
Mandricardo e Ruggier solo per questo;
e per che caso fosser distornati,
io nol dirò, che già v'è manifesto.
Dopo non s'eran mai più raccozzati,
se non quivi ora; e Mandricardo presto,
visto lo scudo alzò il superbo grido
minacciando, e a Ruggier disse: - Io ti sfido.

102
Tu la mia insegna, temerario, porti;
né questo è il primo dì ch'io te l'ho detto.
E credi, pazzo, ancor ch'io tel comporti,
per una volta ch'io t'ebbi rispetto?
Ma poi che né minacce né conforti
ti pôn questa follia levar del petto,
ti mostrerò quanto miglior partito
t'era d'avermi subito ubbidito.

103
Come ben riscaldato arrido legno
a piccol soffio subito s'accende,
così s'avampa di Ruggier lo sdegno
al primo motto che di questo intende.
- Ti pensi (disse) farmi stare al segno,
perché quest'altro ancor meco contende?
Ma mostrerotti ch'io son buon per torre
Frontino a lui, lo scudo a te d'Ettorre.

104
Un'altra volta pur per questo venni
teco a battaglia, e non è gran tempo anco;
ma d'ucciderti allora mi contenni,
perché tu non avevi spada al fianco.
Questi fatti saran, quelli fur cenni;
e mal sarà per te quell'augel bianco,
ch'antiqua insegna è stata di mia gente:
tu te l'usurpi, io 'l porto giustamente. -

105
- Anzi t'usurpi tu l'insegna mia! -
rispose Mandricardo; e trasse il brando,
quello che poco inanzi per follia
avea gittato alla foresta Orlando.
Il buon Ruggier, che di sua cortesia
non può non sempre ricordarsi, quando
vide il Pagan ch'avea tratta la spada,
lasciò cader la lancia ne la strada.

106
E tutto a un tempo Balisarda stringe,
la buona spada, e me' lo scudo imbraccia:
ma l'Africano in mezzo il destrier spinge,
e Marfisa con lui presta si caccia;
e l'uno questo, e l'altro quel respinge,
e priegano amendui che non si faccia.
Rodomonte si duol che rotto il patto
due volte ha Mandricardo, che fu fatto.

107
Prima, credendo d'acquistar Marfisa,
fermato s'era a far più d'una giostra;
or per privar Ruggier d'una divisa,
di curar poco il re Agramante mostra.
- Se pur (dicea) déi fare a questa guisa,
finiàn prima tra noi la lite nostra,
conveniente e più debita assai,
ch'alcuna di quest'altre che prese hai.

108
Con tal condizion fu stabilita
la triegua e questo accordo ch'è fra nui.
Come la pugna teco avrò finita,
poi del destrier risponderò a costui.
Tu del tuo scudo, rimanendo in vita,
la lite avrai da terminar con lui;
ma ti darò da far tanto, mi spero,
che non n'avanzarà troppo a Ruggiero. -

109
- La parte che ti pensi, non n'avrai
(rispose Mandricardo a Rodomonte):
io te ne darò più che non vorrai,
e ti farò sudar dal piè alla fronte:
e me ne rimarrà per darne assai
(come non manca mai l'acqua del fonte)
ed a Ruggiero ed a mill'altri seco,
e a tutto il mondo che la voglia meco. -

110
Moltiplicavan l'ire e le parole
quando da questo e quando da quel lato:
con Rodomonte e con Ruggier la vuole
tutto in un tempo Mandricardo irato;
Ruggier, ch'oltraggio sopportar non suole,
non vuol più accordo, anzi litigio e piato.
Marfisa or va da questo or da quel canto
per riparar, ma non può sola tanto.

111
Come il villan, se fuor per l'alte sponde
trapela il fiume e cerca nuova strada,
frettoloso a vietar che non affonde
i verdi paschi e la sperata biada,
chiude una via ed un'altra, e si confonde;
che se ripara quinci che non cada,
quindi vede lassar gli argini molli,
e fuor l'acqua spicciar con più rampolli:

112
così, mentre Ruggiero e Mandricardo
e Rodomonte son tutti sozzopra,
ch'ognun vuol dimostrarsi più gagliardo,
ed ai compagni rimaner di sopra,
Marfisa ad acchetarli have riguardo,
e s'affatica, e perde il tempo e l'opra;
che, come ne spicca uno e lo ritira,
gli altri duo risalir vede con ira.

113
Marfisa, che volea porgli d'accordo,
dicea: - Signori, udite il mio consiglio:
differire ogni lite è buon ricordo
fin ch'Agramante sia fuor di periglio.
S'ognun vuole al suo fatto essere ingordo,
anch'io con Mandricardo mi ripiglio;
e vo' vedere al fin se guadagnarme,
come egli ha detto, è buon per forza d'arme.

114
Ma se si de' soccorrere Agramante,
soccorrasi, e tra noi non si contenda. -
- Per me non si starà d'andare inante
(disse Ruggier), pur che 'l destrier si renda.
O che mi dia il cavallo, a far di tante
una parola, o che da me il difenda:
o che qui morto ho da restare, o ch'io
in campo ho da tornar sul destrier mio. -

115
Rispose Rodomonte: - Ottener questo
non fia così, come quell'altro, lieve.-
E seguitò dicendo: - Io ti protesto
che, s'alcun danno il nostro re riceve,
fia per tua colpa; ch'io per me non resto
di fare a tempo quel che far si deve.-
Ruggiero a quel protesto poco bada;
ma stretto dal furor stringe la spada.

116
Al re d'Algier come cingial si scaglia,
e l'urta con lo scudo e con la spalla;
e in modo lo disordina e sbarraglia,
che fa che d'una staffa il piè gli falla.
Mandricardo gli grida: - O la battaglia
differisci, Ruggiero, o meco falla; -
e crudele e fellon più che mai fosse,
Ruggier su l'elmo in questo dir percosse.

117
Fin sul collo al destrier Ruggier s'inchina,
né, quando vuolsi rilevar, si puote;
perché gli sopragiunge la ruina
del figlio d'Ulien che lo percuote.
Se non era di tempra adamantina,
fesso l'elmo gli avria fin tra le gote.
Apre Ruggier le mani per l'ambascia,
e l'una il fren, l'altra la spada lascia.

118
Se lo porta il destrier per la campagna:
dietro gli resta in terra Balisarda.
Marfisa che quel dì fatta compagna
se gli era d'arme, par ch'avampi ed arda,
che solo fra que' duo così rimagna:
e come era magnanima e gagliarda,
si drizza a Mandricardo, e col potere
ch'avea maggior, sopra la testa il fiere.

119
Rodomonte a Ruggier dietro si spinge:
vinto è Frontin, s'un'altra gli n'appicca;
ma Ricciardetto con Vivian si stringe,
e tra Ruggiero e 'l Saracin si ficca.
L'uno urta Rodomonte e lo rispinge,
e da Ruggier per forza lo dispicca;
l'altro la spada sua, che fu Viviano,
pone a Ruggier, già risentito, in mano.

120
Tosto che 'l buon Ruggiero in sé ritorna,
e che Vivian la spada gli appresenta,
a vendicar l'ingiuria non soggiorna,
e verso il re d'Algier ratto s'aventa,
come il leon che tolto su le corna
dal bue sia stato, e che 'l dolor non senta:
sì sdegno ed ira ed impeto l'affretta,
stimula e sferza a far la sua vendetta.

121
Ruggier sul capo al Saracin tempesta:
e se la spada sua si ritrovasse,
che, come ho detto, al comminciar di questa
pugna, di man gran fellonia gli trasse,
mi credo ch'a difendere la testa
di Rodomonte l'elmo non bastasse,
l'elmo che fece il re far di Babelle
quando muover pensò guerra alle stelle.

122
La Discordia, credendo non potere
altro esser quivi che contese e risse,
né vi dovesse mai più luogo avere
o pace o triegua, alla sorella disse
ch'omai sicuramente a rivedere
i monachetti suoi seco venisse.
Lasciànle andare, e stiàn noi dove in fronte
Ruggiero avea ferito Rodomonte.

123
Fu il colpo di Ruggier di sì gran forza,
che fece in su la groppa di Frontino
percuoter l'elmo e quella dura scorza
di ch'avea armato il dosso il Saracino,
e lui tre volte e quattro a poggia e ad orza
piegar per gire in terra a capo chino;
e la spada egli ancora avria perduta,
se legata alla man non fosse suta.

124
Avea Marfisa a Mandricardo intanto
fatto sudar la fronte, il viso e il petto,
ed egli aveva a lei fatto altretanto;
ma sì l'osbergo d'ambi era perfetto,
che mai poter falsarlo in nessun canto,
e stati eran sin qui pari in effetto:
ma in un voltar che fece il suo destriero,
bisogno ebbe Marfisa di Ruggiero.

125
Il destrier di Marfisa in un voltarsi
che fece stretto, ov'era molle il prato,
sdrucciolò in guisa, che non poté aitarsi
di non tutto cader sul destro lato;
e nel volere in fretta rilevarsi,
da Brigliador fu pel traverso urtato,
con che il pagan poco cortese venne;
sì che cader di nuovo gli convenne.

126
Ruggier che la donzella a mal partito
vide giacer, non differì il soccorso,
or che l'agio n'avea, poi che stordito
da sé lontan quell'altro era trascorso:
ferì su l'elmo il Tartaro; e partito
quel colpo gli avria il capo, come un torso,
se Ruggier Balisarda avesse avuta,
o Mandricardo in capo altra barbuta.

127
Il re d'Algier che si risente in questo,
si volge intorno, e Ricciardetto vede;
e si ricorda che gli fu molesto
dianzi, quando soccorso a Ruggier diede.
A lui si drizza, e saria stato presto
a darli del ben fare aspra mercede,
se con grande arte e nuovo incanto tosto
non se gli fosse Malagigi opposto.

128
Malagigi, che sa d'ogni malia
quel che ne sappia alcun mago eccellente,
ancor che 'l libro suo seco non sia,
con che fermare il sole era possente,
pur la scongiurazione onde solia
commandare ai demoni aveva a mente:
tosto in corpo al ronzino un ne costringe
di Doralice, ed in furor lo spinge.

129
Nel mansueto ubino che sul dosso
avea la figlia del re Stordilano,
fece entrar un degli angel di Minosso
sol con parole il frate di Viviano:
e quel che dianzi mai non s'era mosso,
se non quanto ubidito avea alla mano,
or d'improviso spiccò in aria un salto,
che trenta piè fu lungo e sedeci alto.

130
Fu grande il salto, non però di sorte
che ne dovesse alcun perder la sella.
Quando si vide in alto, gridò forte
(che si tenne per morta) la donzella.
Quel ronzin, come il diavol se lo porte,
dopo un gran salto se ne va con quella,
che pur grida soccorso, in tanta fretta,
che non l'avrebbe giunto una saetta.

131
Da la battaglia il figlio d'Ulieno
si levò al primo suon di quella voce;
e dove furiava il palafreno,
per la donna aiutar n'andò veloce.
Mandricardo di lui non fece meno,
né più a Ruggier, né più a Marfisa nòce;
ma, senza chieder loro o paci o tregue,
e Rodomonte e Doralice segue.

132
Marfisa intanto si levò di terra,
e tutta ardendo di disdegno e d'ira,
credesi far la sua vendetta, ed erra;
che troppo lungi il suo nimico mira.
Ruggier, ch'aver tal fin vede la guerra,
rugge come un leon, non che sospira.
Ben sanno che Frontino e Brigliadoro
giunger non ponno coi cavalli loro.

133
Ruggier non vuol cessar fin che decisa
col re d'Algier non l'abbia del cavallo:
non vuol quietar il Tartaro Marfisa,
che provato a suo senno anco non hallo.
Lasciar la sua querela a questa guisa
parrebbe all'uno e all'altro troppo fallo.
Di commune parer disegno fassi
di chi offesi gli avea seguire i passi.

134
Nel campo saracin li troveranno,
quando non possan ritrovarli prima;
che per levar l'assedio iti seranno,
prima che 'l re di Francia il tutto opprima.
Così dirittamente se ne vanno
dove averli a man salva fanno stima.
Già non andò Ruggier così di botto,
che non facesse ai suoi compagni motto.

135
Ruggier se ne ritorna ove in disparte
era il fratel de la sua donna bella,
e se gli proferisce in ogni parte
amico, per fortuna e buona e fella:
indi lo priega (e lo fa con bella arte)
che saluti in suo nome la sorella;
e questo così ben gli venne detto,
che né a lui diè né agli altri alcun sospetto.

136
E da lui, da Vivian, da Malagigi,
dal ferito Aldigier tolse commiato.
Si proferiro anch'essi alli servigi
di lui, debitor sempre in ogni lato.
Marfisa avea sì il cor d'ire a Parigi,
che 'l salutar gli amici avea scordato;
ma Malagigi andò tanto e Viviano,
che pur la salutaron di lontano;

137
e così Ricciardetto; ma Aldigiero
giace, e convien che suo malgrado resti.
Verso Parigi avean preso il sentiero
quelli duo prima, ed or lo piglian questi.
Dirvi, Signor, ne l'altro canto spero
miracolosi e sopraumani gesti,
che con danno degli uomini di Carlo
ambe le coppie fer, di ch'io vi parlo.


CANTO VENTISETTESIMO


1
Molti consigli de le donne sono
meglio improviso, ch'a pensarvi, usciti;
che questo è speziale e proprio dono
fra tanti e tanti lor dal ciel largiti.
Ma può mal quel degli uomini esser buono,
che maturo discorso non aiti,
ove non s'abbia a ruminarvi sopra
speso alcun tempo e molto studio ed opra.

2
Parve, e non fu però buono il consiglio
di Malagigi, ancor che (come ho detto)
per questo di grandissimo periglio
liberassi il cugin suo Ricciardetto.
A levare indi Rodomonte e il figlio
del re Agrican, lo spirto avea costretto,
non avvertendo che sarebbon tratti
dove i cristian ne rimarrian disfatti.

3
Ma se spazio a pensarvi avesse avuto,
creder si può che dato similmente
al suo cugino avria debito aiuto,
né fatto danno alla cristiana gente.
Commandare allo spirto avria potuto,
ch'alla via di levante o di ponente
sì dilungata avesse la donzella,
che non n'udisse Francia più novella.

4
Così gli amanti suoi l'avrian seguìta,
come a Parigi, anco in ogn'altro loco;
ma fu questa avvertenza inavvertita
da Malagigi, per pensarvi poco:
e la Malignità dal ciel bandita,
che sempre vorria sangue e strage e fuoco,
prese la via donde più Carlo afflisse,
poi che nessuna il mastro gli prescrisse.

5
Il palafren ch'avea il demonio al fianco,
portò la spaventata Doralice,
che non poté arrestarla fiume, e manco
fossa, bosco, palude, erta o pendice;
fin che per mezzo il campo inglese e franco,
e l'altra moltitudine fautrice
de l'insegne di Cristo, rassegnata
non l'ebbe al padre suo re di Granata.

6
Rodomonte col figlio d'Agricane
la seguitaro il primo giorno un pezzo,
che le vedean le spalle, ma lontane:
di vista poi perderonla da sezzo,
e venner per la traccia, come il cane
la lepre o il capriol trovare avezzo;
né si fermar, che furo in parte, dove
di lei ch'era col padre ebbono nuove.

7
Guardati, Carlo, che 'l ti viene addosso
tanto furor, ch'io non ti veggo scampo:
né questi pur, ma 'l re Gradasso è mosso
con Sacripante a danno del tuo campo.
Fortuna, per toccarti fin all'osso,
ti tolle a un tempo l'uno e l'altro lampo
di forza e di saper, che vivea teco;
e tu rimaso in tenebre sei cieco.

8
Io ti dico d'Orlando e di Rinaldo;
che l'uno al tutto furioso e folle,
al sereno, alla pioggia, al freddo, al caldo,
nudo va discorrendo il piano e 'l colle:
l'altro, con senno non troppo più saldo,
d'appresso al gran bisogno ti si tolle;
che non trovando Angelica in Parigi,
si parte, e va cercandone vestigi.

9
Un fraudolente vecchio incantatore
gli fe' (come a principio vi si disse)
creder per un fantastico suo errore,
che con Orlando Angelica venisse:
ondè di gelosia tocco nel core,
de la maggior ch'amante mai sentisse,
venne a Parigi, e come apparve in corte,
d'ire in Bretagna gli toccò per sorte.

10
Or fatta la battaglia onde portonne
egli l'onor d'aver chiuso Agramante,
tornò a Parigi, e monister di donne
e case e rocche cercò tutte quante.
Se murata non è tra le colonne,
l'avria trovata il curioso amante.
Vedendo al fin ch'ella non v'è né Orlando,
amenduo va con gran disio cercando.

11
Pensò che dentro Anglante o dentro a Brava
se la godesse Orlando in festa e in giuoco;
e qua e là per ritrovarla andava,
né in quel la ritrovò né in questo loco.
A Parigi di nuovo ritornava,
pensando che tardar dovesse poco
di capitare il paladino al varco;
che 'l suo star fuor non era senza incarco.

12
Un giorno o duo ne la città soggiorna
Rinaldo; e poi ch'Orlando non arriva,
or verso Anglante, or verso Brava torna,
cercando se di lui novella udiva.
Cavalca e quando annotta e quando aggiorna,
alla fresca alba e all'ardente ora estiva;
e fa al lume del sole e de la luna
dugento volte questa via, non ch'una.

13
Ma l'antiquo aversario, il qual fece Eva
all'interdetto pome alzar la mano,
a Carlo un giorno i lividi occhi leva,
che 'l buon Rinaldo era da lui lontano;
e vedendo la rotta che poteva
darsi in quel punto al populo cristiano,
quanta eccellenza d'arme al mondo fusse
fra tutti i Saracini, ivi condusse.

14
Al re Gradasso e al buon re Sacripante,
ch'eran fatti compagni all'uscir fuore
de la piena d'error casa d'Atlante,
di venire in soccorso messe in core
alle genti assediate d'Agramante,
e a distruzion di Carlo imperatore:
ed egli per l'incognite contrade
fe' lor la scorta e agevolò le strade.

15
Ed ad un altro suo diede negozio
d'affrettar Rodomonte e Mandricardo
per le vestigie donde l'altro sozio
a condur Doralice non è tardo.
Ne manda ancora un altro, perché in ozio
non stia Marfisa né Ruggier gagliardo;
ma chi guidò l'ultima coppia tenne
la briglia più, né quando gli altri venne.

16
La coppia di Marfisa e di Ruggiero
di mezza ora più tarda si condusse;
però ch'astutamente l'angel nero,
volendo agli cristian dar de le busse,
provide che la lite del destriero
per impedire il suo desir non fusse,
che rinovata si saria, se giunto
fosse Ruggiero e Rodomonte a un punto.

17
I quattro primi si trovaro insieme
onde potean veder gli alloggiamenti
de l'esercito oppresso e di chi 'l preme,
e le bandiere in che feriano i venti.
Si consigliaro alquanto; e fur l'estreme
conclusion dei lor ragionamenti
di dare aiuto, mal grado di Carlo,
al re Agramante, e de l'assedio trarlo.

18
Stringonsi insieme, e prendono la via
per mezzo ove s'alloggiano i cristiani,
gridando Africa e Spagna tuttavia;
e si scopriro in tutto esser pagani.
Pel campo, arme, arme risonar s'udia;
ma menar si sentir prima le mani:
e de la retroguardia una gran frotta,
non ch'assalita sia, ma fugge in rotta.

19
L'esercito cristian mosso a tumulto
sozzopra va senza sapere il fatto.
Estima alcun che sia un usato insulto
che Svizzari o Guasconi abbino fatto.
Ma perch'alla più parte è il caso occulto,
s'aduna insieme ogni nazion di fatto,
altri a suon di tamburo, altri di tromba:
grande è 'l rumore, e fin al ciel rimbomba.

20
Il magno imperator, fuor che la testa,
è tutto armato, e i paladini ha presso;
e domandando vien che cosa è questa
che le squadre in disordine gli ha messo;
e minacciando, or questi or quelli arresta;
e vede a molti il viso o il petto fesso,
ad altri insanguinare o il capo o il gozzo,
alcun tornar con mano o braccio mozzo.

21
Giunge più inanzi, e ne ritrova molti
giacere in terra, anzi in vermiglio lago
nel proprio sangue orribilmente involti,
né giovar lor può medico né mago;
e vede dagli busti i capi sciolti
e braccia e gambe con crudele imago;
e ritrova dai primi alloggiamenti
agli ultimi per tutto uomini spenti.

22
Dove passato era il piccol drappello,
di chiara fama eternamente degno,
per lunga riga era rimaso quello
al mondo sempre memorabil segno.
Carlo mirando va il crudel macello,
maraviglioso, e pien d'ira e di sdegno,
come alcun, in cui danno il fulgur venne,
cerca per casa ogni sentier che tenne.

23
Non era agli ripari anco arrivato
del re african questo primiero aiuto,
che con Marfisa fu da un altro lato
l'animoso Ruggier sopravenuto.
Poi ch'una volta o due l'occhio aggirato
ebbe la degna coppia, e ben veduto
qual via più breve per soccorrer fosse
l'assediato signor, ratto si mosse.

24
Come quando si dà fuoco alla mina,
pel lungo solco de la negra polve
licenziosa fiamma arde e camina
sì ch'occhio a dietro a pena se le volve;
e qual si sente poi l'alta ruina
che 'l duro sasso o il grosso muro solve:
così Ruggiero e Marfisa veniro,
e tai ne la battaglia si sentiro.

25
Per lungo e per traverso a fender teste
incominciaro, e tagliar braccia e spalle
de le turbe che male erano preste
ad espedire e sgombrar loro il calle.
C'ha notato il passar de le tempeste,
ch'una parte d'un monte o d'una valle
offende, e l'altra lascia, s'appresenti
la via di questi duo fra quelle genti.

26
Molti che dal furor di Rodomonte
e di quegli altri primi eran fuggiti,
Dio ringraziavan ch'avea lor sì pronte
gambe concesse, e piedi sì spediti;
e poi, dando del petto e de la fronte
in Marfisa e in Ruggier, vedean scherniti,
come l'uom né per star né per fuggire,
al suo fisso destin può contradire.

27
Chi fugge l'un pericolo, rimane
ne l'altro, e paga il fio d'ossa e di polpe.
Così cader coi figli in bocca al cane
suol, sperando fuggir, timida volpe,
poi che la caccia de l'antique tane
il suo vicin che le dà mille colpe,
e cautamente con fumo e con fuoco
turbata l'ha da non temuto loco.

28
Negli ripari entrò de' Saracini
Marfisa con Ruggiero a salvamento.
Quivi tutti con gli occhi al ciel supini
Dio ringraziar del buono avvenimento.
Or non v'è più timor de' paladini:
il più tristo pagan ne sfida cento;
ed è concluso che senza riposo
si torni a fare il campo sanguinoso.

29
Corni, bussoni, timpani moreschi
empieno il ciel di formidabil suoni:
ne l'aria tremolare ai venti freschi
si veggon le bandiere e i gonfaloni.
Da l'altra parte i capitan carleschi
stringon con Alamanni e con Britoni
quei di Francia, d'Italia e d'Inghilterra;
e si mesce aspra e sanguinosa guerra.

30
La forza del terribil Rodomonte,
quella di Mandricardo furibondo,
quella del buon Ruggier, di virtù fonte,
del re Gradasso, sì famoso al mondo,
e di Marfisa l'intrepida fronte,
col re circasso a nessun mai secondo,
feron chiamar san Gianni e san Dionigi
al re di Francia, e ritrovar Parigi.

31
Di questi cavallieri e di Marfisa
l'ardire invitto e la mirabil possa
non fu, Signor, di sorte, non fu in guisa
ch'imaginar, non che descriver possa.
Quindi si può stimar che gente uccisa
fosse quel giorno, e che crudel percossa
avesse Carlo. Arroge poi con loro,
con Ferraù più d'un famoso Moro.

32
Molti per fretta s'affogaro in Senna
(che 'l ponte non potea supplire a tanti),
e desiar, come Icaro, la penna,
perché la morte avean dietro e davanti.
Eccetto Uggieri e il marchese di Vienna,
i paladin fur presi tutti quanti.
Olivier ritornò ferito sotto
la spalla destra, Uggier col capo rotto.

33
E se, come Rinaldo e come Orlando,
lasciato Brandimarte avesse il giuoco,
Carlo n'andava di Parigi in bando,
se potea vivo uscir di sì gran fuoco.
Ciò che poté, fe' Brandimarte, e quando
non poté più, diede alla furia loco.
Così Fortuna ad Agramante arrise,
ch'un'altra volta a Carlo assedio mise.

34
Di vedovelle i gridi e le querele,
e d'orfani fanciulli e di vecchi orbi,
ne l'eterno seren dove Michele
sedea, salir fuor di questi aer torbi;
e gli fecion veder come il fedele
popul preda de' lupi era e de' corbi,
di Francia, d'Inghilterra e di Lamagna,
che tutta avea coperta la campagna.

35
Nel viso s'arrossì l'angel beato,
parendogli che mal fosse ubidito
al Creatore, e si chiamò ingannato
da la Discordia perfida e tradito.
D'accender liti tra i pagani dato
le avea l'assunto, e mal era esequito;
anzi tutto il contrario al suo disegno
parea aver fatto, a chi guardava al segno.

36
Come servo fedel, che più d'amore
che di memoria abondi, e che s'aveggia
aver messo in oblio cosa ch'a core
quanto la vita e l'anima aver deggia,
studia con fretta d'emendar l'errore,
né vuol che prima il suo signor lo veggia:
così l'angelo a Dio salir non volse,
se de l'obligo prima non si sciolse.

37
Al monister, dove altre volte avea
la Discordia veduta, drizzò l'ali.
Trovolla ch'in capitulo sedea
a nuova elezion degli ufficiali;
e di veder diletto si prendea,
volar pel capo a' frati i breviali.
Le man le pose l'angelo nel crine,
e pugna e calci le diè senza fine.

38
Indi le roppe un manico di croce
per la testa, pel dosso e per le braccia.
Mercé grida la misera a gran voce,
e le genocchia al divin nunzio abbraccia.
Michel non l'abandona, che veloce
nel campo del re d'Africa la caccia;
e poi le dice: - Aspettati aver peggio,
se fuor di questo campo più ti veggio. -

39
Come che la Discordia avesse rotto
tutto il dosso e le braccia, pur temendo
un'altra volta ritrovarsi sotto
a quei gran colpi, a quel furor tremendo,
corre a pigliare i mantici di botto,
ed agli accesi fuochi esca aggiungendo,
ed accendendone altri, fa salire
da molti cori un alto incendio d'ire.

40
E Rodomonte e Mandricardo e insieme
Ruggier n'infiamma sì, che inanzi al Moro
li fa tutti venire, or che non preme
Carlo i pagani, anzi il vantaggio è loro.
Le differenze narrano, ed il seme
fanno saper, da cui produtte foro;
poi del re si rimettono al parere,
chi di lor prima il campo debba avere.

41
Marfisa del suo caso anco favella,
e dice che la pugna vuol finire,
che cominciò col Tartaro; perch'ella
provocata da lui vi fu a venire:
né, per dar loco all'altre, volea quella
un'ora, non che un giorno, differire;
ma d'esser prima fa l'instanza grande,
ch'alla battaglia il Tartaro domande.

42
Non men vuol Rodomonte il primo campo
da terminar col suo rival l'impresa,
che per soccorrer l'africano campo
ha già interrotta, e fin a qui sospesa.
Mette Ruggier le sue parole a campo,
e dice che patir troppo gli pesa
che Rodomonte il suo destrier gli tenga,
e ch'a pugna con lui prima non venga.

43
Per più intricarla il Tartaro viene anche,
e niega che Ruggiero ad alcun patto
debba l'aquila aver da l'ale bianche;
e d'ira e di furore è così matto,
che vuol, quando dagli altri tre non manche,
combatter tutte le querele a un tratto.
Né più dagli altri ancor saria mancato,
se 'l consenso del re vi fosse stato.

44
Con prieghi il re Agramante e buon ricordi
fa quanto può, perché la pace segua;
e quando al fin tutti li vede sordi
non volere assentire a pace o a triegua,
va discorrendo come almen gli accordi
sì, che l'un dopo l'altro il campo assegua:
e pel miglior partito al fin gli occorre
ch'ognuno a sorte il campo s'abbia a torre.

45
Fe' quattro brevi porre: un Mandricardo
e Rodomonte insieme scritto avea;
ne l'altro era Ruggiero e Mandricardo.
Rodomonte e Ruggier l'altro dicea;
dicea l'altro Marfisa e Mandricardo.
Indi all'arbitrio de l'instabil dea
li fece trarre: e 'l primo fu il signore
di Sarza a uscir con Mandricardo fuore.

46
Mandricardo e Ruggier fu nel secondo;
nel terzo fu Ruggiero e Rodomonte;
restò Marfisa e Mandricardo in fondo,
di che la donna ebbe turbata fronte.
Né Ruggier più di lei parve giocondo:
sa che le forze dei duo primi pronte
han tra lor da finir le liti in guisa,
che non ne fia per sé né per Marfisa.

47
Giacea non lungi da Parigi un loco,
che volgea un miglio o poco meno intorno:
lo cingea tutto un argine non poco
sublime, a guisa d'un teatro adorno.
Un castel già vi fu, ma a ferro e a fuoco
le mura e i tetti ed a ruina andorno.
Un simil può vederne in su la strada,
qual volta a Borgo il Parmigiano vada.

48
In questo loco fu la lizza fatta,
di brevi legni d'ogn'intorno chiusa,
per giusto spazio quadra, al bisogno atta,
con due capaci porte, come s'usa.
Giunto il dì ch'al re par che si combatta
tra i cavallier che non ricercan scusa,
furo appresso alle sbarre in ambi i lati
contra i rastrelli i padiglion tirati.

49
Nel padiglion ch'è più verso ponente
sta il re d'Algier, c'ha membra di gigante.
Gli pon lo scoglio indosso del serpente
l'ardito Ferraù con Sacripante.
Il re Gradasso e Falsiron possente
sono in quell'altro al lato di levante,
e metton di sua man l'arme troiane
indosso al successor del re Agricane.

50
Sedeva in tribunale amplo e sublime
il re d'Africa, e seco era l'Ispano;
poi Stordilano, e l'altre genti prime
che riveria l'esercito pagano.
Beato a chi pôn dare argini e cime
d'arbori stanza che gli alzi dal piano!
Grande è la calca, e grande in ogni lato
populo ondeggia intorno al gran steccato.

51
Eran con la regina di Castiglia
regine e principesse e nobil donne
d'Aragon, di Granata e di Siviglia,
e fin di presso all'atlantee colonne:
tra quai di Stordilan sedea la figlia,
che di duo drappi avea le ricche gonne,
l'un d'un rosso mal tinto, e l'altro verde;
ma 'l primo quasi imbianca e il color perde.

52
In abito succinta era Marfisa,
qual si convenne a donna ed a guerriera.
Termoodonte forse a quella guisa
vide Ippolita ornarsi e la sua schiera.
Già, con la cotta d'arme alla divisa
del re Agramante, in campo venut'era
l'araldo a far divieto e metter leggi,
che né in fatto né in detto alcun parteggi.

53
La spessa turba aspetta disiando
la pugna, e spesso incolpa il venir tardo
dei duo famosi cavallieri; quando
s'ode dal padiglion di Mandricardo
alto rumor che vien moltiplicando.
Or sappiate, Signor, che 'l re gagliardo
di Sericana e 'l Tartaro possente
fanno il tumulto e 'l grido che si sente.

54
Avendo armato il re di Sericana
di sua man tutto il re di Tartaria,
per porgli al fianco la spada soprana
che già d'Orlando fu, se ne venìa;
quando nel pome scritto Durindana
vide, e 'l quartier ch'Almonte aver solia,
ch'a quel meschin fu tolto ad una fonte
dal giovenetto Orlando in Aspramonte.

55
Vedendola, fu certo ch'era quella
tanto famosa del signor d'Anglante,
per cui con grande armata, e la più bella
che giamai si partisse di Levante,
soggiogato avea il regno di Castella,
e Francia vinta esso pochi anni inante:
ma non può imaginarsi come avenga
ch'or Mandricardo in suo poter la tenga.

56
E dimandògli se per forza o patto
l'avesse tolta al conte, e dove e quando.
E Mandricardo disse ch'avea fatto
gran battaglia per essa con Orlando;
e come finto quel s'era poi matto,
così coprire il suo timor sperando,
ch'era d'aver continua guerra meco,
fin che la buona spada avesse seco.

57
E dicea ch'imitato avea il castore,
il qual si strappa i genitali sui,
vedendosi alle spalle il cacciatore,
che sa che non ricerca altro da lui.
Gradasso non udì tutto il tenore,
che disse: - Non vo' darla a te né altrui:
tanto oro, tanto affanno e tanta gente
ci ho speso, che è ben mia debitamente.

58
Cercati pur fornir d'un'altra spada,
ch'io voglio questa, e non ti paia nuovo.
Pazzo o saggio ch'Orlando se ne vada,
averla intendo, ovunque io la ritrovo.
Tu senza testimoni in su la strada
te l'usurpasti: io qui lite ne muovo.
La mia ragion dirà mia scimitarra,
e faremo il giudicio ne la sbarra.

59
Prima, di guadagnarla t'apparecchia,
che tu l'adopri contra a Rodomonte.
Di comprar prima l'arme è usanza vecchia,
ch'alla battaglia il cavallier s'affronte. -
- Più dolce suon non mi viene all'orecchia
(rispose alzando il Tartaro la fronte),
che quando di battaglia alcun mi tenta;
ma fa che Rodomonte lo consenta.

60
Fa che sia tua la prima, e che si tolga
il re di Sarza la tenzon seconda:
e non ti dubitar ch'io non mi volga,
e ch'a te ed ad ogni altro io non risponda. -
Ruggier gridò: - Non vo' che si disciolga
il patto, o più la sorte si confonda:
o Rodomonte in campo prima saglia,
o sia la sua dopo la mia battaglia.

61
Se di Gradasso la ragion prevale,
prima acquistar che porre in opra l'arme;
né tu l'aquila mia da le bianche ale
prima usar déi, che non me ne disarme:
ma poi ch'è stato il mio voler già tale,
di mia sentenza non voglio appellarme,
che sia seconda la battaglia mia,
quando del re d'Algier la prima sia.

62
Se turbarete voi l'ordine in parte,
io totalmente turbarollo ancora.
Io non intendo il mio scudo lasciarte,
se contra me non lo combatti or ora. -
- Se l'uno e l'altro di voi fosse Marte
(rispose Mandricardo irato allora),
non saria l'un né l'altro atto a vietarme
la buona spada o quelle nobili arme. -

63
E tratto da la colera, aventosse
col pugno chiuso al re di Sericana;
e la man destra in modo gli percosse,
ch'abandonar gli fece Durindana.
Gradasso, non credendo ch'egli fosse
di così folle audacia e così insana,
colto improviso fu, che stava a bada,
e tolta si trovò la buona spada.

64
Così scornato, di vergogna e d'ira
nel viso avampa, e par che getti fuoco;
e più l'affligge il caso e lo martira,
poi che gli accade in sì palese loco.
Bramoso di vendetta si ritira,
a trar la scimitarra, a dietro un poco.
Mandricardo in sé tanto si confida,
che Ruggiero anco alla battaglia sfida.

65
- Venite pure inanzi amenduo insieme,
e vengane pel terzo Rodomonte,
Africa e Spagna e tutto l'uman seme;
ch'io son per sempremai volger la fronte. -
Così dicendo, quel che nulla teme,
mena d'intorno la spada d'Almonte;
lo scudo imbraccia, disdegnoso e fiero,
contra Gradasso e contra il buon Ruggiero.

66
- Lascia la cura a me (dicea Gradasso),
ch'io guarisca costui de la pazzia. -
- Per Dio (dicea Ruggier), non te la lasso,
ch'esser convien questa battaglia mia. -
- Va indietro tu! - Vavvi pur tu! - né passo
però tornando, gridan tuttavia;
ed attaccossi la battaglia in terzo,
ed era per uscirne un strano scherzo,

67
se molti non si fossero interposti
a quel furor, non con troppo consiglio;
ch'a spese lor quasi imparar che costi
voler altri salvar con suo periglio.
Né tutto 'l mondo mai gli avria composti,
se non venia col re d'Ispagna il figlio
del famoso Troiano, al cui cospetto
tutti ebbon riverenza e gran rispetto.

68
Si fe' Agramante la cagione esporre
di questa nuova lite così ardente:
poi molto affaticossi per disporre
che per quella giornata solamente
a Mandricardo la spada d'Ettorre
concedesse Gradasso umanamente,
tanto ch'avesse fin l'aspra contesa
ch'avea già incontra a Rodomonte presa.

69
Mentre studia placarli il re Agramante,
ed or con questo ed or con quel ragiona;
da l'altro padiglion tra Sacripante
e Rodomonte un'altra lite suona.
Il re circasso (come è detto inante)
stava di Rodomonte alla persona,
ed egli e Ferraù gli aveano indotte
l'arme del suo progenitor Nembrotte.

70
Ed eran poi venuti ove il destriero
facea, mordendo, il ricco fren spumoso;
io dico il buon Frontin, per cui Ruggiero
stava iracondo e più che mai sdegnoso.
Sacripante ch'a por tal cavalliero
in campo avea, mirava curioso
se ben ferrato e ben guernito e in punto
era il destrier, come doveasi a punto.

71
E venendo a guardargli più a minuto
i segni, le fattezze isnelle ed atte,
ebbe, fuor d'ogni dubbio, conosciuto
che questo era il destrier suo Frontalatte,
che tanto caro già s'avea tenuto,
per cui già avea mille querele fatte;
e poi che gli fu tolto, un tempo volse
sempre ire a piedi: in modo gliene dolse.

72
Inanzi Albracca glie l'avea Brunello
tolto di sotto quel medesmo giorno
ch'ad Angelica ancor tolse l'annello,
al conte Orlando Balisarda e 'l corno,
e la spada a Marfisa: ed avea quello,
dopo che fece in Africa ritorno,
con Balisarda insieme a Ruggier dato,
il qual l'avea Frontin poi nominato.

73
Quando conobbe non si apporre in fallo,
disse il Circasso, al re d'Algier rivolto:
- Sappi, signor, che questo è mio cavallo,
ch'ad Albracca di furto mi fu tolto.
Bene avrei testimoni da provallo;
ma perché son da noi lontani molto,
s'alcun lo niega, io gli vo' sostenere
con l'arme in man le mie parole vere.

74
Ben son contento, per la compagnia
in questi pochi dì stata fra noi,
che prestato il cavallo oggi ti sia,
ch'io veggo ben che senza far non puoi;
però con patto, se per cosa mia
e prestata da me conoscer vuoi:
altrimente d'averlo non far stima,
o se non lo combatti meco prima. -

75
Rodomonte, del quale un più orgoglioso
non ebbe mai tutto il mestier de l'arme;
al quale in esser forte e coraggioso
alcuno antico d'uguagliar non parme;
rispose: - Sacripante, ogn'altro ch'oso,
fuor che tu, fosse in tal modo a parlarme,
con suo mal si saria tosto avveduto
che meglio era per lui di nascer muto.

76
Ma per la compagnia che, come hai detto,
novellamente insieme abbiamo presa,
ti son contento aver tanto rispetto,
ch'io t'ammonisca a tardar questa impresa,
fin che de la battaglia veggi effetto,
che fra il Tartaro e me tosto fia accesa:
dove porti uno esempio inanzi spero,
ch'avrai di grazia a dirmi: Abbi il destriero. -

77
Gli è teco cortesia l'esser villano
(disse il Circasso pien d'ira e di isdegno);
ma più chiaro ti dico ora e più piano,
che tu non faccia in quel destrier disegno:
che te lo defendo io, tanto ch'in mano
questa vindice mia spada sostegno;
e metteròvi insino l'ugna e il dente,
se non potrò difenderlo altrimente. -

78
Venner da le parole alle contese,
ai gridi, alle minacce, alla battaglia,
che per molt'ira in più fretta s'accese,
che s'accendesse mai per fuoco paglia.
Rodomonte ha l'osbergo ed ogni arnese,
Sacripante non ha piastra né maglia;
ma par (sì ben con lo schermir s'adopra)
che tutto con la spada si ricuopra.

79
Non era la possanza e la fierezza
di Rodomonte, ancor ch'era infinita,
più che la providenza e la destrezza
con che sue forze Sacripante aita.
Non voltò ruota mai con più prestezza
il macigno sovran che 'l grano trita,
che faccia Sacripante or mano or piede
di qua di là, dove il bisogno vede.

80
Ma Ferraù, ma Serpentino arditi
trasson le spade, e si cacciar tra loro,
dal re Grandonio, da Isolier seguiti,
da molt'altri signor del popul Moro.
Questi erano i romori, i quali uditi
ne l'altro padiglion fur da costoro,
quivi per accordar venuti invano
col Tartaro, Ruggiero e 'l Sericano.

81
Venne chi la novella al re Agramante
riportò certa, come pel destriero
avea con Rodomonte Sacripante
incominciato un aspro assalto e fiero.
Il re, confuso di discordie tante,
disse a Marsilio: - Abbi tu qui pensiero
che fra questi guerrier non segua peggio,
mentre all'altro disordine io proveggio. -

82
Rodomonte, che 'l re, suo signor, mira,
frena l'orgoglio, e torna indietro il passo;
né con minor rispetto si ritira
al venir d'Agramante il re circasso.
Quel domanda la causa di tant'ira
con real viso e parlar grave e basso:
e cerca, poi che n'ha compreso il tutto,
porli d'accordo; e non vi fa alcun frutto.

83
Il re circasso il suo destrier non vuole
ch'al re d'Algier più lungamente resti,
se non s'umilia tanto di parole,
che lo venga a pregar che glie lo presti.
Rodomonte, superbo come suole,
gli risponde: - Né 'l ciel, né tu faresti
che cosa che per forza aver potessi,
da altri, che da me, mai conoscessi. -

84
Il re chiede al Circasso, che ragione
ha nel cavallo, e come gli fu tolto:
e quel di parte in parte il tutto espone,
ed esponendo s'arrossisce in volto,
quando gli narra che 'l sottil ladrone,
ch'in un alto pensier l'aveva colto,
la sella su quattro aste gli suffolse,
e di sotto il destrier nudo gli tolse.

85
Marfisa che tra gli altri al grido venne,
tosto che 'l furto del cavallo udì,
in viso si turbò, che le sovenne
che perdé la sua spada ella quel dì:
e quel destrier che parve aver le penne
da lei fuggendo, riconobbe qui:
riconobbe anco il buon re Sacripante,
che non avea riconosciuto inante.

86
Gli altri ch'erano intorno, e che vantarsi
Brunel di questo aveano udito spesso,
verso lui cominciaro a rivoltarsi,
e far palesi cenni ch'era desso;
Marfisa sospettando, ad informarsi
da questo e da quell'altro ch'avea appresso,
tanto che venne a ritrovar che quello
che le tolse la spada era Brunello:

87
e seppe che pel furto onde era degno
che gli annodasse il collo un capestro unto,
dal re Agramante al tingitano regno
fu, con esempio inusitato, assunto.
Marfisa, rinfrescando il vecchio sdegno,
disegnò vendicarsene a quel punto,
e punir scherni e scorni che per strada
fatti l'avea sopra la tolta spada.

88
Dal suo scudier l'elmo allacciar si fece;
che del resto de l'arme era guernita.
Senza osbergo io non trovo che mai diece
volte fosse veduta alla sua vita,
dal giorno ch'a portarlo assuefece
la sua persona, oltre ogni fede ardita.
Con l'elmo in capo andò dove fra i primi
Brunel sedea negli argini sublimi.

89
Gli diede a prima giunta ella di piglio
in mezzo il petto, e da terra levollo,
come levar suol col falcato artiglio
talvolta la rapace aquila il pollo;
e là dove la lite inanzi al figlio
era del re Troian, così portollo.
Brunel, che giunto in male man si vede,
pianger non cessa e domandar mercede.

90
Sopra tutti i rumor, strepiti e gridi,
di che 'l campo era pien quasi ugualmente,
Brunel, ch'ora pietade ora sussidi
domandando venìa, così si sente,
ch'al suono de' ramarichi e de' stridi
si fa d'intorno accor tutta la gente.
Giunta inanzi al re d'Africa, Marfisa
con viso altier gli dice in questa guisa:

91
- Io voglio questo ladro tuo vasallo
con le mie mani impender per la gola,
perché il giorno medesmo che 'l cavallo
a costui tolle, a me la spada invola.
Ma se gli è alcun che voglia dir ch'io fallo,
facciasi inanzi e dica una parola;
ch'in tua presenza gli vo' sostenere
che se ne mente, e ch'io fo il mio dovere.



 


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