Per correr miglior acque alza le vele
omai la navicella del mio ingegno,
che lascia dietro a se' mar si` crudele;
e cantero` di quel secondo regno
dove l'umano spirito si purga
e di salire al ciel diventa degno.
Ma qui la morta poesi` resurga,
o sante Muse, poi che vostro sono;
e qui Caliope` alquanto surga,
seguitando il mio canto con quel suono
di cui le Piche misere sentiro
lo colpo tal, che disperar perdono.
Dolce color d'oriental zaffiro,
che s'accoglieva nel sereno aspetto
del mezzo, puro infino al primo giro,
a li occhi miei ricomincio` diletto,
tosto ch'io usci' fuor de l'aura morta
che m'avea contristati li occhi e 'l petto.
Lo bel pianeto che d'amar conforta
faceva tutto rider l'oriente,
velando i Pesci ch'erano in sua scorta.
I' mi volsi a man destra, e puosi mente
a l'altro polo, e vidi quattro stelle
non viste mai fuor ch'a la prima gente.
Goder pareva 'l ciel di lor fiammelle:
oh settentrional vedovo sito,
poi che privato se' di mirar quelle!
Com'io da loro sguardo fui partito,
un poco me volgendo a l 'altro polo,
la` onde il Carro gia` era sparito,
vidi presso di me un veglio solo,
degno di tanta reverenza in vista,
che piu` non dee a padre alcun figliuolo.
Lunga la barba e di pel bianco mista
portava, a' suoi capelli simigliante,
de' quai cadeva al petto doppia lista.
Li raggi de le quattro luci sante
fregiavan si` la sua faccia di lume,
ch'i' 'l vedea come 'l sol fosse davante.
<
fuggita avete la pregione etterna?>>,
diss'el, movendo quelle oneste piume.
<
uscendo fuor de la profonda notte
che sempre nera fa la valle inferna?
Son le leggi d'abisso cosi` rotte?
o e` mutato in ciel novo consiglio,
che, dannati, venite a le mie grotte?>>.
Lo duca mio allor mi die` di piglio,
e con parole e con mani e con cenni
reverenti mi fe' le gambe e 'l ciglio.
Poscia rispuose lui: <
donna scese del ciel, per li cui prieghi
de la mia compagnia costui sovvenni.
Ma da ch'e` tuo voler che piu` si spieghi
di nostra condizion com'ell'e` vera,
esser non puote il mio che a te si nieghi.
Questi non vide mai l'ultima sera;
ma per la sua follia le fu si` presso,
che molto poco tempo a volger era.
Si` com'io dissi, fui mandato ad esso
per lui campare; e non li` era altra via
che questa per la quale i' mi son messo.
Mostrata ho lui tutta la gente ria;
e ora intendo mostrar quelli spirti
che purgan se' sotto la tua balia.
Com'io l'ho tratto, saria lungo a dirti;
de l'alto scende virtu` che m'aiuta
conducerlo a vederti e a udirti.
Or ti piaccia gradir la sua venuta:
liberta` va cercando, ch'e` si` cara,
come sa chi per lei vita rifiuta.
Tu 'l sai, che' non ti fu per lei amara
in Utica la morte, ove lasciasti
la vesta ch'al gran di` sara` si` chiara.
Non son li editti etterni per noi guasti,
che' questi vive, e Minos me non lega;
ma son del cerchio ove son li occhi casti
di Marzia tua, che 'n vista ancor ti priega,
o santo petto, che per tua la tegni:
per lo suo amore adunque a noi ti piega.
Lasciane andar per li tuoi sette regni;
grazie riportero` di te a lei,
se d'esser mentovato la` giu` degni>>.
<
mentre ch'i' fu' di la`>>, diss'elli allora,
<
Or che di la` dal mal fiume dimora,
piu` muover non mi puo`, per quella legge
che fatta fu quando me n'usci' fora.
Ma se donna del ciel ti muove e regge,
come tu di', non c'e` mestier lusinghe:
bastisi ben che per lei mi richegge.
Va dunque, e fa che tu costui ricinghe
d'un giunco schietto e che li lavi 'l viso,
si` ch'ogne sucidume quindi stinghe;
che' non si converria, l'occhio sorpriso
d'alcuna nebbia, andar dinanzi al primo
ministro, ch'e` di quei di paradiso.
Questa isoletta intorno ad imo ad imo,
la` giu` cola` dove la batte l'onda,
porta di giunchi sovra 'l molle limo;
null'altra pianta che facesse fronda
o indurasse, vi puote aver vita,
pero` ch'a le percosse non seconda.
Poscia non sia di qua vostra reddita;
lo sol vi mosterra`, che surge omai,
prendere il monte a piu` lieve salita>>.
Cosi` spari`; e io su` mi levai
sanza parlare, e tutto mi ritrassi
al duca mio, e li occhi a lui drizzai.
El comincio`: <
volgianci in dietro, che' di qua dichina
questa pianura a' suoi termini bassi>>.
L'alba vinceva l'ora mattutina
che fuggia innanzi, si` che di lontano
conobbi il tremolar de la marina.
Noi andavam per lo solingo piano
com'om che torna a la perduta strada,
che 'nfino ad essa li pare ire in vano.
Quando noi fummo la` 've la rugiada
pugna col sole, per essere in parte
dove, ad orezza, poco si dirada,
ambo le mani in su l'erbetta sparte
soavemente 'l mio maestro pose:
ond'io, che fui accorto di sua arte,
porsi ver' lui le guance lagrimose:
ivi mi fece tutto discoverto
quel color che l'inferno mi nascose.
Venimmo poi in sul lito diserto,
che mai non vide navicar sue acque
omo, che di tornar sia poscia esperto.
Quivi mi cinse si` com'altrui piacque:
oh maraviglia! che' qual elli scelse
l'umile pianta, cotal si rinacque
subitamente la` onde l'avelse.
Purgatorio: Canto II
Gia` era 'l sole a l'orizzonte giunto
lo cui meridian cerchio coverchia
Ierusalem col suo piu` alto punto;
e la notte, che opposita a lui cerchia,
uscia di Gange fuor con le Bilance,
che le caggion di man quando soverchia;
si` che le bianche e le vermiglie guance,
la` dov'i' era, de la bella Aurora
per troppa etate divenivan rance.
Noi eravam lunghesso mare ancora,
come gente che pensa a suo cammino,
che va col cuore e col corpo dimora.
Ed ecco, qual, sorpreso dal mattino,
per li grossi vapor Marte rosseggia
giu` nel ponente sovra 'l suol marino,
cotal m'apparve, s'io ancor lo veggia,
un lume per lo mar venir si` ratto,
che 'l muover suo nessun volar pareggia.
Dal qual com'io un poco ebbi ritratto
l'occhio per domandar lo duca mio,
rividil piu` lucente e maggior fatto.
Poi d'ogne lato ad esso m'appario
un non sapeva che bianco, e di sotto
a poco a poco un altro a lui uscio.
Lo mio maestro ancor non facea motto,
mentre che i primi bianchi apparver ali;
allor che ben conobbe il galeotto,
grido`: <
Ecco l'angel di Dio: piega le mani;
omai vedrai di si` fatti officiali.
Vedi che sdegna li argomenti umani,
si` che remo non vuol, ne' altro velo
che l'ali sue, tra liti si` lontani.
Vedi come l'ha dritte verso 'l cielo,
trattando l'aere con l'etterne penne,
che non si mutan come mortal pelo>>.
Poi, come piu` e piu` verso noi venne
l'uccel divino, piu` chiaro appariva:
per che l'occhio da presso nol sostenne,
ma chinail giuso; e quei sen venne a riva
con un vasello snelletto e leggero,
tanto che l'acqua nulla ne 'nghiottiva.
Da poppa stava il celestial nocchiero,
tal che faria beato pur descripto;
e piu` di cento spirti entro sediero.
'In exitu Israel de Aegypto'
cantavan tutti insieme ad una voce
con quanto di quel salmo e` poscia scripto.
Poi fece il segno lor di santa croce;
ond'ei si gittar tutti in su la piaggia;
ed el sen gi`, come venne, veloce.
La turba che rimase li`, selvaggia
parea del loco, rimirando intorno
come colui che nove cose assaggia.
Da tutte parti saettava il giorno
lo sol, ch'avea con le saette conte
di mezzo 'l ciel cacciato Capricorno,
quando la nova gente alzo` la fronte
ver' noi, dicendo a noi: <
mostratene la via di gire al monte>>.
E Virgilio rispuose: <
forse che siamo esperti d'esto loco;
ma noi siam peregrin come voi siete.
Dianzi venimmo, innanzi a voi un poco,
per altra via, che fu si` aspra e forte,
che lo salire omai ne parra` gioco>>.
L'anime, che si fuor di me accorte,
per lo spirare, ch'i' era ancor vivo,
maravigliando diventaro smorte.
E come a messagger che porta ulivo
tragge la gente per udir novelle,
e di calcar nessun si mostra schivo,
cosi` al viso mio s'affisar quelle
anime fortunate tutte quante,
quasi obliando d'ire a farsi belle.
Io vidi una di lor trarresi avante
per abbracciarmi con si` grande affetto,
che mosse me a far lo somigliante.
Ohi ombre vane, fuor che ne l'aspetto!
tre volte dietro a lei le mani avvinsi,
e tante mi tornai con esse al petto.
Di maraviglia, credo, mi dipinsi;
per che l'ombra sorrise e si ritrasse,
e io, seguendo lei, oltre mi pinsi.
Soavemente disse ch'io posasse;
allor conobbi chi era, e pregai
che, per parlarmi, un poco s'arrestasse.
Rispuosemi: <
nel mortal corpo, cosi` t'amo sciolta:
pero` m'arresto; ma tu perche' vai?>>.
<
la` dov'io son, fo io questo viaggio>>,
diss'io; <>.
Ed elli a me: <
se quei che leva quando e cui li piace,
piu` volte m'ha negato esto passaggio;
che' di giusto voler lo suo si face:
veramente da tre mesi elli ha tolto
chi ha voluto intrar, con tutta pace.
Ond'io, ch'era ora a la marina volto
dove l'acqua di Tevero s'insala,
benignamente fu' da lui ricolto.
A quella foce ha elli or dritta l'ala,
pero` che sempre quivi si ricoglie
qual verso Acheronte non si cala>>.
E io: <
memoria o uso a l'amoroso canto
che mi solea quetar tutte mie doglie,
di cio` ti piaccia consolare alquanto
l'anima mia, che, con la sua persona
venendo qui, e` affannata tanto!>>.
'Amor che ne la mente mi ragiona'
comincio` elli allor si` dolcemente,
che la dolcezza ancor dentro mi suona.
Lo mio maestro e io e quella gente
ch'eran con lui parevan si` contenti,
come a nessun toccasse altro la mente.
Noi eravam tutti fissi e attenti
a le sue note; ed ecco il veglio onesto
gridando: <
qual negligenza, quale stare e` questo?
Correte al monte a spogliarvi lo scoglio
ch'esser non lascia a voi Dio manifesto>>.
Come quando, cogliendo biado o loglio,
li colombi adunati a la pastura,
queti, sanza mostrar l'usato orgoglio,
se cosa appare ond'elli abbian paura,
subitamente lasciano star l'esca,
perch'assaliti son da maggior cura;
cosi` vid'io quella masnada fresca
lasciar lo canto, e fuggir ver' la costa,
com'om che va, ne' sa dove riesca:
ne' la nostra partita fu men tosta.
Purgatorio: Canto III
Avvegna che la subitana fuga
dispergesse color per la campagna,
rivolti al monte ove ragion ne fruga,
i' mi ristrinsi a la fida compagna:
e come sare' io sanza lui corso?
chi m'avria tratto su per la montagna?
El mi parea da se' stesso rimorso:
o dignitosa coscienza e netta,
come t'e` picciol fallo amaro morso!
Quando li piedi suoi lasciar la fretta,
che l'onestade ad ogn'atto dismaga,
la mente mia, che prima era ristretta,
lo 'ntento rallargo`, si` come vaga,
e diedi 'l viso mio incontr'al poggio
che 'nverso 'l ciel piu` alto si dislaga.
Lo sol, che dietro fiammeggiava roggio,
rotto m'era dinanzi a la figura,
ch'avea in me de' suoi raggi l'appoggio.
Io mi volsi dallato con paura
d'essere abbandonato, quand'io vidi
solo dinanzi a me la terra oscura;
e 'l mio conforto: <>,
a dir mi comincio` tutto rivolto;
<
Vespero e` gia` cola` dov'e` sepolto
lo corpo dentro al quale io facea ombra:
Napoli l'ha, e da Brandizio e` tolto.
Ora, se innanzi a me nulla s'aombra,
non ti maravigliar piu` che d'i cieli
che l'uno a l'altro raggio non ingombra.
A sofferir tormenti, caldi e geli
simili corpi la Virtu` dispone
che, come fa, non vuol ch'a noi si sveli.
Matto e` chi spera che nostra ragione
possa trascorrer la infinita via
che tiene una sustanza in tre persone.
State contenti, umana gente, al quia;
che' se potuto aveste veder tutto,
mestier non era parturir Maria;
e disiar vedeste sanza frutto
tai che sarebbe lor disio quetato,
ch'etternalmente e` dato lor per lutto:
io dico d'Aristotile e di Plato
e di molt'altri>>; e qui chino` la fronte,
e piu` non disse, e rimase turbato.
Noi divenimmo intanto a pie` del monte;
quivi trovammo la roccia si` erta,
che 'ndarno vi sarien le gambe pronte.
Tra Lerice e Turbia la piu` diserta,
la piu` rotta ruina e` una scala,
verso di quella, agevole e aperta.
<>,
disse 'l maestro mio fermando 'l passo,
<>.
E mentre ch'e' tenendo 'l viso basso
essaminava del cammin la mente,
e io mirava suso intorno al sasso,
da man sinistra m'appari` una gente
d'anime, che movieno i pie` ver' noi,
e non pareva, si` venian lente.
<>, diss'io, <
ecco di qua chi ne dara` consiglio,
se tu da te medesmo aver nol puoi>>.
Guardo` allora, e con libero piglio
rispuose: <
e tu ferma la spene, dolce figlio>>.
Ancora era quel popol di lontano,
i' dico dopo i nostri mille passi,
quanto un buon gittator trarria con mano,
quando si strinser tutti ai duri massi
de l'alta ripa, e stetter fermi e stretti
com'a guardar, chi va dubbiando, stassi.
<>,
Virgilio incomincio`, <
ch'i' credo che per voi tutti s'aspetti,
ditene dove la montagna giace
si` che possibil sia l'andare in suso;
che' perder tempo a chi piu` sa piu` spiace>>.
Come le pecorelle escon del chiuso
a una, a due, a tre, e l'altre stanno
timidette atterrando l'occhio e 'l muso;
e cio` che fa la prima, e l'altre fanno,
addossandosi a lei, s'ella s'arresta,
semplici e quete, e lo 'mperche' non sanno;
si` vid'io muovere a venir la testa
di quella mandra fortunata allotta,
pudica in faccia e ne l'andare onesta.
Come color dinanzi vider rotta
la luce in terra dal mio destro canto,
si` che l'ombra era da me a la grotta,
restaro, e trasser se' in dietro alquanto,
e tutti li altri che venieno appresso,
non sappiendo 'l perche', fenno altrettanto.
<
che questo e` corpo uman che voi vedete;
per che 'l lume del sole in terra e` fesso.
Non vi maravigliate, ma credete
che non sanza virtu` che da ciel vegna
cerchi di soverchiar questa parete>>.
Cosi` 'l maestro; e quella gente degna
<>, disse, <>,
coi dossi de le man faccendo insegna.
E un di loro incomincio`: <
tu se', cosi` andando, volgi 'l viso:
pon mente se di la` mi vedesti unque>>.
Io mi volsi ver lui e guardail fiso:
biondo era e bello e di gentile aspetto,
ma l'un de' cigli un colpo avea diviso.
Quand'io mi fui umilmente disdetto
d'averlo visto mai, el disse: <>;
e mostrommi una piaga a sommo 'l petto.
Poi sorridendo disse: <
nepote di Costanza imperadrice;
ond'io ti priego che, quando tu riedi,
vadi a mia bella figlia, genitrice
de l'onor di Cicilia e d'Aragona,
e dichi 'l vero a lei, s'altro si dice.
Poscia ch'io ebbi rotta la persona
di due punte mortali, io mi rendei,
piangendo, a quei che volontier perdona.
Orribil furon li peccati miei;
ma la bonta` infinita ha si` gran braccia,
che prende cio` che si rivolge a lei.
Se 'l pastor di Cosenza, che a la caccia
di me fu messo per Clemente allora,
avesse in Dio ben letta questa faccia,
l'ossa del corpo mio sarieno ancora
in co del ponte presso a Benevento,
sotto la guardia de la grave mora.
Or le bagna la pioggia e move il vento
di fuor dal regno, quasi lungo 'l Verde,
dov'e' le trasmuto` a lume spento.
Per lor maladizion si` non si perde,
che non possa tornar, l'etterno amore,
mentre che la speranza ha fior del verde.
Vero e` che quale in contumacia more
di Santa Chiesa, ancor ch'al fin si penta,
star li convien da questa ripa in fore,
per ognun tempo ch'elli e` stato, trenta,
in sua presunzion, se tal decreto
piu` corto per buon prieghi non diventa.
Vedi oggimai se tu mi puoi far lieto,
revelando a la mia buona Costanza
come m'hai visto, e anco esto divieto;
che' qui per quei di la` molto s'avanza>>.
Purgatorio: Canto IV
Quando per dilettanze o ver per doglie,
che alcuna virtu` nostra comprenda
l'anima bene ad essa si raccoglie,
par ch'a nulla potenza piu` intenda;
e questo e` contra quello error che crede
ch'un'anima sovr'altra in noi s'accenda.
E pero`, quando s'ode cosa o vede
che tegna forte a se' l'anima volta,
vassene 'l tempo e l'uom non se n'avvede;
ch'altra potenza e` quella che l'ascolta,
e altra e` quella c'ha l'anima intera:
questa e` quasi legata, e quella e` sciolta.
Di cio` ebb'io esperienza vera,
udendo quello spirto e ammirando;
che' ben cinquanta gradi salito era
lo sole, e io non m'era accorto, quando
venimmo ove quell'anime ad una
gridaro a noi: <>.
Maggiore aperta molte volte impruna
con una forcatella di sue spine
l'uom de la villa quando l'uva imbruna,
che non era la calla onde saline
lo duca mio, e io appresso, soli,
come da noi la schiera si partine.
Vassi in Sanleo e discendesi in Noli,
montasi su in Bismantova 'n Cacume
con esso i pie`; ma qui convien ch'om voli;
dico con l'ale snelle e con le piume
del gran disio, di retro a quel condotto
che speranza mi dava e facea lume.
Noi salavam per entro 'l sasso rotto,
e d'ogne lato ne stringea lo stremo,
e piedi e man volea il suol di sotto.
Poi che noi fummo in su l'orlo suppremo
de l'alta ripa, a la scoperta piaggia,
<>, diss'io, <>.
Ed elli a me: <
pur su al monte dietro a me acquista,
fin che n'appaia alcuna scorta saggia>>.
Lo sommo er'alto che vincea la vista,
e la costa superba piu` assai
che da mezzo quadrante a centro lista.
Io era lasso, quando cominciai:
<
com'io rimango sol, se non restai>>.
<>, disse, <>,
additandomi un balzo poco in sue
che da quel lato il poggio tutto gira.
Si` mi spronaron le parole sue,
ch'i' mi sforzai carpando appresso lui,
tanto che 'l cinghio sotto i pie` mi fue.
A seder ci ponemmo ivi ambedui
volti a levante ond'eravam saliti,
che suole a riguardar giovare altrui.
Li occhi prima drizzai ai bassi liti;
poscia li alzai al sole, e ammirava
che da sinistra n'eravam feriti.
Ben s'avvide il poeta ch'io stava
stupido tutto al carro de la luce,
ove tra noi e Aquilone intrava.
Ond'elli a me: <
fossero in compagnia di quello specchio
che su` e giu` del suo lume conduce,
tu vedresti il Zodiaco rubecchio
ancora a l'Orse piu` stretto rotare,
se non uscisse fuor del cammin vecchio.
Come cio` sia, se 'l vuoi poter pensare,
dentro raccolto, imagina Sion
con questo monte in su la terra stare
si`, ch'amendue hanno un solo orizzon
e diversi emisperi; onde la strada
che mal non seppe carreggiar Feton,
vedrai come a costui convien che vada
da l'un, quando a colui da l'altro fianco,
se lo 'ntelletto tuo ben chiaro bada>>.
<> diss'io, <
non vid'io chiaro si` com'io discerno
la` dove mio ingegno parea manco,
che 'l mezzo cerchio del moto superno,
che si chiama Equatore in alcun'arte,
e che sempre riman tra 'l sole e 'l verno,
per la ragion che di', quinci si parte
verso settentrion, quanto li Ebrei
vedevan lui verso la calda parte.
Ma se a te piace, volontier saprei
quanto avemo ad andar; che' 'l poggio sale
piu` che salir non posson li occhi miei>>.
Ed elli a me: <
che sempre al cominciar di sotto e` grave;
e quant'om piu` va su`, e men fa male.
Pero`, quand'ella ti parra` soave
tanto, che su` andar ti fia leggero
com'a seconda giu` andar per nave,
allor sarai al fin d'esto sentiero;
quivi di riposar l'affanno aspetta.
Piu` non rispondo, e questo so per vero>>.
E com'elli ebbe sua parola detta,
una voce di presso sono`: <
che di sedere in pria avrai distretta!>>.
Al suon di lei ciascun di noi si torse,
e vedemmo a mancina un gran petrone,
del qual ne' io ne' ei prima s'accorse.
La` ci traemmo; e ivi eran persone
che si stavano a l'ombra dietro al sasso
come l'uom per negghienza a star si pone.
E un di lor, che mi sembiava lasso,
sedeva e abbracciava le ginocchia,
tenendo 'l viso giu` tra esse basso.
<>, diss'io, <
colui che mostra se' piu` negligente
che se pigrizia fosse sua serocchia>>.
Allor si volse a noi e puose mente,
movendo 'l viso pur su per la coscia,
e disse: <>.
Conobbi allor chi era, e quella angoscia
che m'avacciava un poco ancor la lena,
non m'impedi` l'andare a lui; e poscia
ch'a lui fu' giunto, alzo` la testa a pena,
dicendo: <
da l'omero sinistro il carro mena?>>.
Li atti suoi pigri e le corte parole
mosser le labbra mie un poco a riso;
poi cominciai: <
di te omai; ma dimmi: perche' assiso
quiritto se'? attendi tu iscorta,
o pur lo modo usato t'ha' ripriso?>>.
Ed elli: <
che' non mi lascerebbe ire a' martiri
l'angel di Dio che siede in su la porta.
Prima convien che tanto il ciel m'aggiri
di fuor da essa, quanto fece in vita,
perch'io 'ndugiai al fine i buon sospiri,
se orazione in prima non m'aita
che surga su` di cuor che in grazia viva;
l'altra che val, che 'n ciel non e` udita?>>.
E gia` il poeta innanzi mi saliva,
e dicea: <
meridian dal sole e a la riva
cuopre la notte gia` col pie` Morrocco>>.
Purgatorio: Canto V
Io era gia` da quell'ombre partito,
e seguitava l'orme del mio duca,
quando di retro a me, drizzando 'l dito,
una grido`: <
lo raggio da sinistra a quel di sotto,
e come vivo par che si conduca!>>.
Li occhi rivolsi al suon di questo motto,
e vidile guardar per maraviglia
pur me, pur me, e 'l lume ch'era rotto.
<>,
disse 'l maestro, <
che ti fa cio` che quivi si pispiglia?
Vien dietro a me, e lascia dir le genti:
sta come torre ferma, che non crolla
gia` mai la cima per soffiar di venti;
che' sempre l'omo in cui pensier rampolla
sovra pensier, da se' dilunga il segno,
perche' la foga l'un de l'altro insolla>>.
Che potea io ridir, se non <>?
Dissilo, alquanto del color consperso
che fa l'uom di perdon talvolta degno.
E 'ntanto per la costa di traverso
venivan genti innanzi a noi un poco,
cantando 'Miserere' a verso a verso.
Quando s'accorser ch'i' non dava loco
per lo mio corpo al trapassar d'i raggi,
mutar lor canto in un <> lungo e roco;
e due di loro, in forma di messaggi,
corsero incontr'a noi e dimandarne:
<>.
E 'l mio maestro: <
e ritrarre a color che vi mandaro
che 'l corpo di costui e` vera carne.
Se per veder la sua ombra restaro,
com'io avviso, assai e` lor risposto:
faccianli onore, ed essere puo` lor caro>>.
Vapori accesi non vid'io si` tosto
di prima notte mai fender sereno,
ne', sol calando, nuvole d'agosto,
che color non tornasser suso in meno;
e, giunti la`, con li altri a noi dier volta
come schiera che scorre sanza freno.
<
e vegnonti a pregar>>, disse 'l poeta:
<>.
<
con quelle membra con le quai nascesti>>,
venian gridando, <
Guarda s'alcun di noi unqua vedesti,
si` che di lui di la` novella porti:
deh, perche' vai? deh, perche' non t'arresti?
Noi fummo tutti gia` per forza morti,
e peccatori infino a l'ultima ora;
quivi lume del ciel ne fece accorti,
si` che, pentendo e perdonando, fora
di vita uscimmo a Dio pacificati,
che del disio di se' veder n'accora>>.
E io: <
non riconosco alcun; ma s'a voi piace
cosa ch'io possa, spiriti ben nati,
voi dite, e io faro` per quella pace
che, dietro a' piedi di si` fatta guida
di mondo in mondo cercar mi si face>>.
E uno incomincio`: <
del beneficio tuo sanza giurarlo,
pur che 'l voler nonpossa non ricida.
Ond'io, che solo innanzi a li altri parlo,
ti priego, se mai vedi quel paese
che siede tra Romagna e quel di Carlo,
che tu mi sie di tuoi prieghi cortese
in Fano, si` che ben per me s'adori
pur ch'i' possa purgar le gravi offese.
Quindi fu' io; ma li profondi fori
ond'usci` 'l sangue in sul quale io sedea,
fatti mi fuoro in grembo a li Antenori,
la` dov'io piu` sicuro esser credea:
quel da Esti il fe' far, che m'avea in ira
assai piu` la` che dritto non volea.
Ma s'io fosse fuggito inver' la Mira,
quando fu' sovragiunto ad Oriaco,
ancor sarei di la` dove si spira.
Corsi al palude, e le cannucce e 'l braco
m'impigliar si` ch'i' caddi; e li` vid'io
de le mie vene farsi in terra laco>>.
Poi disse un altro: <
si compia che ti tragge a l'alto monte,
con buona pietate aiuta il mio!
Io fui di Montefeltro, io son Bonconte;
Giovanna o altri non ha di me cura;
per ch'io vo tra costor con bassa fronte>>.
E io a lui: <
ti travio` si` fuor di Campaldino,
che non si seppe mai tua sepultura?>>.